




ADATTAMENTI ALL’ALLENAMENTO DI FORZA
Un aumento di forza può essere ottenuto senza modificazioni strutturali del muscolo, ma non senza adattamenti nervosi. Il reclutamento delle unità motorie è fondamentale per l’incremento della forza, e potrebbe spiegare quasi interamente l’aumento della forza stessa. Oltre a questo aumento di sincronizzazione, fondamentale è anche la co-attivazione dei muscoli agonisti-antagonisti. Un altro fattore è il Rate Coding (ovvero la frequenza di scarica delle unità motorie). Per quanto riguarda l’ipertrofia, è di 2 tipologie: temporanea e permanente. La prima è quel gonfiore che accompagna la singola sessione di allenamento e dipende da un accumulo di fluidi (edema) negli spazi interstiziali e intracellulari del muscolo; questo fluido deriva da plasma sanguigno. L’ipertrofia permanente invece è l’aumento di dimensioni del muscolo, che si verifica dopo un lungo periodo di allenamento con sovraccarichi. Negli studi è visto che un allenamento con sole contrazioni concentriche, può limitare l’ipertrofia muscolare. L’ipertrofia è data da:
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Maggior numero di miofibrille
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Maggior numero di filamenti di actina e miosina
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Maggiore quantità di sarcoplasma
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Maggiore quantità di tessuto connettivo
Dopo un allenamento con sovraccarichi, vi è un aumento della sezione trasversa del muscolo, dato da un accresciuto numero di filamenti di actina e miosina, che fornirebbero più ponti trasversi per la produzione di forza. Durante l’esercizio fisico avviene un aumento della degradazione proteica, ma la sintesi proteica aumenta nella fase di recupero, con bilancio positivo a favore della sintesi post-esercizio.
MODIFICAZIONE DI FIBRA
Le fibre muscolari assumono caratteristiche tipiche della fibra opposta se l’allenamento è di natura opposta. Quindi una stimolazione continua a bassa frequenza può stimolale le FT in unità motorie ST in poche settimane.
ADATTAMENTI INDOTTI DALL’ALLENAMENTO AEROBICO
I miglioramenti immediatamente osservabili in seguito ad un esercizio di tipo aerobico sono: maggiore capacità di sostenere una prestazione sub-massimale prolungata e l’aumento della massima capacità aerobica (Vo2Max, che in genere migliora del 15-20%). L’entità del miglioramento varia da un individuo all’altro e le condizioni fisiche del soggetto all’inizio di un programma di allenamento, incidono sull’entità del miglioramento stesso (chi ha già un buono livello di fitness, avrà miglioramenti inferiori rispetto ad un soggetto che, da sedentario, diventa attivo).
ADATTAMENTI NEL MUSCOLO SCHELETRICO
L’attività aerobica stimola le fibre a scossa lenta (Slow Twich), e in risposta agli stimoli, queste fibre aumentano la loro dimensione e la sezione trasversa. Le fibre a scossa rapida (Fast Twich) non vengono attivate nella stessa misura e generalmente non presentano aumenti dell’area della sezione trasversa. Si verifica un aumento del numero di capillari che avvolgono ciascuna fibra muscolare, ciò comporta un maggiore scambio di gas, di calore, scorie, sostanza nutrienti tra sangue e le fibre in attività. Questo aumento della densità capillare è uno dei fattori che contribuiscono all’aumento del Vo2Max. Con l’allenamento aerobico il contenuto di mioglobina (che trasporta ossigeno a livello mitocondriale della fibra muscolare), può aumentare fino al 70-80%. Anche la funzione mitocondriale migliora, in quanto la trasformazione per via aerobica di energia, avviene nei mitocondri. La capacità di usare ossigeno e produrre ATP per via ossidativa, dipende dal numero, dimensioni ed efficienza dei mitocondri del muscolo, e l’allenamento aerobico migliora tutti questi parametri. Successivamente la degradazione ossidativa delle sostanze energetiche, dipende dall’azione degli enzimi ossidativi mitocondriali. L’allenamento aerobico migliora l’attività enzimatica come quella della Succinato-deidrogenasi (SDH), uno dei principali enzimi.
ADATTAMENTI DELLE FONTI ENERGETICHE
Il glicogeno muscolare viene ampiamente utilizzato durante l’allenamento. Con un adeguato periodo di riposo successivo, il muscolo scheletrico è in grado di accumulare maggiori quantità di glicogeno, rispetto ad un muscolo non allenato. Mentre un soggetto che esegue un allenamento di resistenza, porta ad aumentare nel muscolo, oltre che il contenuto di glicogeno, anche quello di lipidi. Questo adattamento permette al muscolo di migliorare la capacità di bruciare lipidi, sollecitando meno le riserve di glicogeno. In molti studi i soggetti allenati tendono ad utilizzare maggiormente i grassi e meno carboidrati a scopo energetico. Questo aumento della capacità di utilizzo dei grassi dipende da:
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Aumento di scorte di grassi nella fibra
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Migliore mobilizzazione dei FFA
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Migliore capacità ossidativa
L’entità del miglioramento della capacità aerobica, dipende in parte dal dispendio energetico di ciascun allenamento e dalla quantità di lavoro nell’arco della settimana. Mentre le attività che richiedono un impegno di forza massimale, sollecitano il sistema energetico ATP-PCr, stimolando una maggiore degradazione e risintesi. L’allenamento anaerobico, potenzia l’attività degli enzimi glicolitici, consentendo al muscolo di sviluppare una tensione maggiore per un lasso di tempo più lungo. La soglia del lattato è l’indice fisiologico correlato alle prestazioni di resistenza aerobica (più è alta la soglia del lattato, migliore è la prestazione aerobica). Il soggetto allenato può aumntare questa soglia, riuscendo a lavorare ad una percentuale maggiore del proprio Vo2Max. Ciò permette al soggetto ad esempio di andare più veloce, in quanto la diminuzione del livello di lattato per stessa intensità di esercizio, essendoci una maggiore capacità di rimozione del lattato stesso. L’allenamento anaerobico non sollecita solo i sistemi energetici anaerobici, in quanto una parte dell’energia anche negli sprint, è fornita dal sistema ossidativo. Poi migliora la capacità dei muscoli nel tollerare l’acidità che si accumula al loro interno durante l’esercizio. Infatti si ritiene che l’H+ dissociati dall’acido lattico, interferiscano con il metabolismo e con il processo contrattile. I sistemi tampone (bicarbonato e fosfati muscolari), si combinano con l’idrogeno, riducendo l’acidità delle fibre, ritardando, l’affaticamento.
INTENSITÀ DI ALLENAMENTO
Oltre al volume di allenamento, il grado di adattamento dipende dall’intensità del carico di allenamento. Gli adattamenti muscolari sono legati a velocità e durata dell’impegno. È stato ormai riscontrato che l’alta intensità migliora le prestazioni, rispetto a chi esegue allenamenti lunghe e lente (bassa intensità), in quanto quest’ultimo tipo di allenamento non migliora gli schemi nervosi del reclutamento delle fibre muscolari e neanche il tasso di trasformazione di energia richiesta. Gli esercizi veloci, intervallati da pause (Interval Training), oltre che sviluppare la capacità anaerobica, sembra interessare positivamente anche il sistema aerobico, apportando gli stessi benefici di un esercizio prolungato, continuo ad alta intensità.
ADATTAMENTI CARDIOVASCOLARI
La resistenza cardiorespiratoria è correlata alla capacità dell’organismo di fornire ossigeno sufficiente ai tessuti in attività. Il trasporto dell’ossigeno è dato dall’interazione di Gettata Cardiaca (Gettata sistolica x Frequenza cardiaca) e differenza artero-venosa di ossigeno (differenza tra contenuto di ossigeno nel sangue arterioso e sangue venoso). In risposta al maggiore impegno dato dall’allenamento regolare di resistenza, il cuore aumenta sia il suo volume che la sua massa, in quanto per vincere questo maggiore carico di lavoro, acquisisce una maggiore contrattilità. Le modificazioni più evidenti si riscontrano nel ventricolo sinistro che è cavità cardiaca maggiormente sollecitata e la pressione sanguigna durante l’allenamento arriva a superare i 480-350 mmHg. L’allenamento di tipo aerobico induce un maggior riempimento ventricolare, dovuto in gran parte all’aumento del volume del plasma, indotto anche dall’allenamento. Successivamente si riduce sia la frequenza cardiaca di riposo che quelle in esercizio, il che consente un tempo di riempimento diastolico più lungo (questa diminuzione di frequenza è data dalla maggiore attività del sistema nervoso parasimpatico, insieme ad una diminuzione di attività del sistema simpatico). L’aumento del volume plasmatico e del tempo di riempimento ventricolare concorrono ad aumentare le dimensioni del cuore. Man mano che aumenta il livello di allenamento dei muscoli, il sistema cardiovascolare si adatta, aumentando il flusso diretto agli stessi, in quanto si riscontra:
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Aumento della capillarizzazione
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Maggiore apertura dei capillari già esistenti
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Più efficace distribuzione del sangue
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Aumento di massa del sangue
La differenza artero-venosa di ossigeno aumenta dopo l’allenamento, perché ovviamente diminuisce l’ossigeno nel sangue venoso, in quanto viene utilizzato.
ADATTAMENTI RESPIRATORI
La ventilazione polmonare di riposo rimane invariata o si riduce leggermente in seguito all’allenamento, mentre aumenta la massima ventilazione polmonare, dovuto a: aumento del volume corrente e della frequenza respiratoria durante l’esercizio. La diffusione polmonare, ossia lo scambio gassoso, rimane inalterato in condizione di riposo, mentre aumenta durante l’esercizio massimale. Il flusso sanguigno polmonare aumenta, soprattutto il flusso verso la parte superiore del polmone quando il soggetto è seduto o in piedi (una maggiore quantità di sangue raggiunge i polmoni per gli scambi gassosi, quindi abbiamo così un maggior numero di alveoli coinvolti nella diffusione polmonare).
DIFFERENZE NELLA RISPOSA ALL’ALLENAMENTO
Il massimo consumo di ossigeno (Vo2Max) è condizionato da fattori genetici, quindi ciascun soggetto ha un range di valori possibili predeterminato. Anche l’età influisce sul consumo di ossigeno, però i soggetti che rimangono attivi negli anni, mostrano un declino molto più lento, quindi il problema non è l’età in sé, ma il fatto che con l’età il soggetto tende a fare meno attività fisica. Questa diminuzione non è irreversibile, in quanto si è visto che i soggetti sedentari che cominciano ad allenarsi, migliorano il proprio Vo2Max. Le donne in genere presentano un Vo2Max inferiore del 20-25% rispetto a quello degli uomini.
ACCLIMATAZIONE ALL’ESERCIZIO FISICO SVOLTO AL CALDO
L’esercizio svolto in ambiente caldo, migliora la capacità dell’organismo di disperdere calore in eccesso, ovvero viene a modificarsi il meccanismo di sudorazione e del flusso ematico. All’inizio dell’allenamento, il soggetto già acclimatato, comincia a sudare prima, aumentando la sua tolleranza al calore, ciò comporta un minore aumento della temperatura della cute, così meno sangue dovrà fluire alla cute per disperdere calore, risparmiano così sangue per i muscoli in attività. Il sudore risulta anche più diluito, salvaguardando così le scorte minerali dell’organismo. Quando un soggetto raggiunge un buon livello di acclimatazione al caldo, si riesce ad ottenere prestazioni migliori anche in ambiente più fresco. Mentre i dati sull’acclimatazione al freddo non sono molti, però i dati suggeriscono che l’esposizione al freddo, alterano il flusso sanguigno periferico e la temperatura della cute. Ma qui la ricerca dovrà chiarire meglio quali sono gli adattamenti specifici.
BIBLIOGRAFIA
Wilmore and Costill “Fisiologia dell’esercizio fisico e dello sport”, Calzetti e Mariucci, 2005




