Il Talento Sportivo: Identificazione e Sviluppo

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Nella vita quotidiana, nelle arti, nella politica e, soprattutto, nello sport, ci si chiede se il talento rappresenti un dono naturale e se, di conseguenza, faccia parte del patrimonio genetico o se debba essere inteso come una condizione determinata da applicazione, duro lavoro, situazioni ambientali stimolanti ecc. Il talento, in un’unica parola, è identificabile come il potenziale di un individuo in merito ad una qualsiasi attività dipendente da molteplici variabili (comportamentali, psicologiche, sociologiche, morfologiche, fisiologiche e culturali). Solo, quindi, attraverso una complessa e sana interazione di questi costrutti diventa possibile l’acquisizione di un alto livello di expertise nello sport (Singer & Janelle, 1999). Secondo Joch (1992, 90) ha talento, oppure è un talento, colui che, sulla base di disposizioni, della disponibilità alla prestazione e delle possibilità che gli sono state offerte dall’ambiente nel quale vive, ottiene risultati prestativi superiori alla media della sua età, ma suscettibili di sviluppo. Tali risultati rappresentano il prodotto di un processo attivo di trasformazione pedagogicamente guidato e controllato intenzionalmente attraverso l’allenamento, che è orientato in modo determinato verso quell’elevato livello di prestazione sportiva che dovrà essere raggiunto successivamente. Per questa ragione, l’attitudine verso il talento deve essere il risultato di un processo attivo e dinamico, attraverso adeguate misure d’allenamento, della persona e della personalità dell’atleta. Da una prospettiva scientifica, la ricerca dell’eccellenza in ambito sportivo, può essere suddivisa in quattro fasi chiave (Russell, 1989; Borms, 1996): scoperta, identificazione, selezione e sviluppo.  La scoperta del talento si riferisce al riconoscere potenziali giovani che non sono attualmente coinvolti nello sport in questione. La selezione del talento comporta, invece, la scelta dell’individuo più appropriato (o gruppo di individui) per svolgere il compito all’interno di un contesto specifico, in particolar modo negli sport di squadra. L’identificazione e lo sviluppo del talento, potendo considerarle come due macro-aree che inglobano le precedenti, verranno, invece, approfondite nel prossimo paragrafo.

L’IDENTIFICAZIONE E LO SVILUPPO DEL TALENTO

Oggi l’identificazione del talento (TI) è divenuto indubbiamente un grande business dove i ricercatori, assieme ai coach ed agli agenti, cercano in continuazione di trovare metodi efficienti per identificare i migliori performers del futuro. Il TI può essere definito come un processo per riconoscere gli atleti con un potenziale adeguato per diventare sportivi d’élite (Williams & Reilly, 2000). Lo sviluppo del talento (TD) invece, mira a creare un ambiente di apprendimento il più appropriato possibile per permettere, a coloro selezionati, di realizzare e consolidare il proprio potenziale (Reilly, Bangsbo, & Franks, 2000a). Quest’ultimo si riferisce, quindi, all’insieme di processi a lungo termine che mirano al miglioramento del livello prestativo.

Come già detto, le strategie e le metodiche di promozione del talento sportivo stanno prendendo sempre più piede in quanto, per rimanere competitivi, i clubs mirano ad investire quantità significative di denaro nel tentativo di scovare e coltivare giocatori potenzialmente d’élite. Identificare individui con alta probabilità di eccellere nello sport sin dalla giovane età, assicura che questi ricevano una formazione specializzata per accelerare il processo di sviluppo del talento. Attraverso queste strategie, le società sportive hanno anche un ritorno economico, concentrano, infatti, le spese per lo sviluppo di un numero minore di giocatori e ciò garantisce una gestione più oculata delle loro risorse; questo avviene anche attraverso le future vendite dei cartellini a squadre più blasonate che consentono introiti supplementari. La necessità di una tempestiva e corretta selezione dei talenti sportivi è dovuta al fatto che prestazioni sportive assolute di massimo livello possono essere raggiunte solo attraverso una preparazione sistematica a lungo termine che, secondo gli sport, dura da 6 a 10 anni. Ciò vuol dire che se nelle diverse discipline sportive si vuole raggiungere la massima prestazione al momento giusto, vi deve essere un periodo adeguato di allenamento.

FATTORI CHE INFLUENZANO IL TID

In qualsiasi processo di identificazione e sviluppo del talento (TID) debbono essere presi in considerazione vari fattori che determinano l’iter motorio e, conseguentemente, la prestazione dell’atleta al fine di raggiungere risultati importanti:

  • Fattori antropometrici

  • Fattori fisici e fisiologici

  • Fattori tecnici e cognitivo-motori

  • Fattori socio-affettivi e psicologici

  • Fattori sulla performance

I fattori antropometrici riguardano tutti quei dati sulla composizione e sulla costituzione corporea dell’atleta come: statura, peso, BMI, proporzioni dei segmenti ecc. Quelli fisiologici e fisici sono VO2max, capacità anaerobiche ed aerobiche, mobilità articolare e gli elementi delle capacità motorie (forza, velocità e resistenza). I fattori tecnici e cognitivo-motori consistono in tutte le abilità motorie necessarie per adempiere ai presupposti della disciplina di riferimento come: equilibrio, differenziazione cinestesica, ritmizzazione ecc. Nel quarto punto rientrano molti elementi fondamentali come tutte quelle caratteristiche comportamentali, psicologiche e sociali quali l’impegno, la motivazione, la capacità di superare lo stress, lo stile di vita, il rapporto con l’allenatore, il background socio economico ecc. Come messo in luce da Eriksson (2006, 33), all’ambiente sociale spetta una grande influenza soprattutto dal momento in cui un soggetto dotato intraprende una carriera di alto livello. Gli atleti avvertono come ideale la possibilità di allenarsi all’interno di un clima armonico a tutto tondo, privo di ostacoli ed in condizioni ottimali. Per condizioni ottimali intendiamo un insieme di fattori come: buone attrezzature, centri d’allenamento all’avanguardia, un buon allenatore, condizioni climatiche ottimali e possibilità di partecipare a gare di alto livello. Tutto questo si riflette su un sano ed armonico incremento delle tre fasi Bloomiane dello sviluppo dell’expertise: iniziazione, sviluppo e perfezione. Infine, abbiamo tutti quei dati inerenti i risultati nelle competizioni che, come vedremo successivamente, vengono troppo presi in considerazione in quelle strategie d’identificazione del talento ormai obsolete.

MODELLI TID ERRATI

Di seguito saranno trattate alcune delle problematiche che si presentano più frequentemente nei processi d’identificazione e di sviluppo del talento.

Specializzazione precoce

Una delle principali problematiche che si verifica spesso nello sport giovanile, e nella prima decade di approccio sportivo, riguarda la specializzazione precoce. Ericsson (1993) affermava che, la specializzazione sportiva sarebbe dovuta avvenire precocemente, in quanto i principianti che avrebbero iniziato un processo di formazione specializzata più tardivamente non sarebbero stati in grado di raggiungere i coetanei. In realtà si è visto come, la specializzazione precoce in ambito sportivo possa essere deleteria per l’atleta, eccetto in quelle discipline caratterizzate da un altissimo contenuto tecnico come la ginnastica artistica. Negli sport di squadra come il calcio, il basket, l’hockey ed il rugby infatti, la specializzazione non dovrebbe avvenire prima dei 16 anni (Ward, Hodges, Starkes and Williams, 2002) poiché, come afferma Wiersma (2000), la gamma limitata di costrutti motori, a disposizione durante la prima specializzazione sportiva, può potenzialmente limitare lo sviluppo generale delle abilità motorie anche nelle fasi successive. Non solo, la specializzazione precoce, cui segue un incremento del volume e della frequenza degli allenamenti, può portare all’isolamento sociale (Wiersma 2000) come anche al burnout (Henschen 1998) e, da un punto di vista fisiologico, a maggiori infortuni all’apparato locomotore. Questi ultimi dovuti ad una serie di microtraumi ripetuti e causati da un più rapido sviluppo delle ossa rispetto ai tendini ed ai muscoli (Dalton 1992).

Barynina e Vaitsekhovskii (1992), inoltre, hanno visto come gli atleti élite che si specializzano precocemente abbiano una carriera meno duratura rispetto ad altri atleti, sempre di alto livello, che non sono sottoposti a specializzazione precoce. In alternativa a questa, altamente sconsigliata negli sport di squadra, le ultime ricerche vertono sulla diversificazione precoce e il cross-training, ovvero una sorta di formazione crociata interdisciplinare tesa ad aumentare il bagaglio tecnico e motorio al fine di avere maggior probabilità di diventare atleti élite. Questo processo formativo avviene attraverso il trasferimento di abilità e capacità motorie da uno sport all’altro che consente un incremento dell’expertise. Innanzitutto si è visto come, il coinvolgimento in un numero più elevato di discipline sportive, è utile per sviluppare la motivazione intrinseca richiesta durante le fasi di sviluppo successive, nelle quali la formazione diviene più strutturata e impegnativa. In questo modo, quindi, si acquisisce una formazione motoria più esaustiva e duttile che consente agli atleti coinvolti in più discipline di essere avvantaggiati. A tal proposito Baker et al. (2003) hanno evidenziato, in uno studio, come la partecipazione a discipline correlate (pattern motori similari) alla primaria, ha contribuito ad incrementare le capacità fisiche e cognitive necessarie nel loro sport primario. Ovviamente tale metodica perde i suoi effetti con livelli di competenza molto alti, ecco perché il cross-training viene utilizzato solamente durante le prime fasi dello sviluppo del giovane atleta.

Selezione precoce basata sulle caratteristiche fisiche e sui risultati

Modelli di TI basati principalmente (o esclusivamente) sulle caratteristiche fisiche, antropometriche e fisiologiche, come criterio per la selezione, ignorano il fatto che la performance può essere la risultante di un’ampia gamma di fattori, molti dei quali possono variare col tempo. Purtroppo, questo modello è uno dei metodi di selezione ed identificazione più utilizzati in ambito giovanile, soprattutto negli sport di squadra, in quanto più economici e più rapidi. Nonostante le ricerche scientifiche (Wong et al, 2009) hanno dimostrato che esistono correlazioni tra qualità fisiche e performance più elevata avviene, in questo modo, una selezione dei più maturi poiché avvantaggiati fisicamente (selezione di maturità e non di talento). Il tutto senza inoltre tener conto dello sviluppo a lungo termine di questi individui che, essendo in un primo momento facilitati dalla propria struttura fisica, tenderanno poi ad essere più soggetti a dropout. Infatti, nel momento in cui anche gli altri matureranno, tali individui tendono a perdere stimoli in quanto non è stato richiesto loro di sviluppare adeguate abilità tecniche, né di accrescere o esibire un alto livello di determinazione. D’altro canto l’evidenza suggerisce che piuttosto di resistere, i giocatori nati più tardivamente nell’anno di selezione di riferimento tendono ad essere estromessi prima dei 12 anni. Di conseguenza molti di coloro che maturano tardivamente sono verosimilmente ignorati durante l’adolescenza e non avranno l’opportunità di sviluppare le abilità richieste per essere selezionati nuovamente nello sport. Nonostante tutto, una piccola parte di coloro che perseverano spesso tendono a raggiungere livelli di performance molto elevati (Abbott e al., 2002). A dimostrazione di ciò Helsen et al (2000) ha preso in considerazione un arco temporale nell’ambito di un campionato giovanile belga (1° agosto 1997 – 31 luglio 1998). I giovani giocatori nati tra agosto e ottobre (la prima parte dell’anno di selezione) venivano più verosimilmente identificati come talentuosi. In contrasto, i giocatori nati più tardi nell’anno di selezione tendevano ad essere estromessi dal calcio prima dei 12 anni.

Un altro errore comune riguarda l’insieme dei processi di TI basati sui risultati giovanili conseguiti nelle competizioni (Gullich & Emrich, 2006). Quanti casi abbiamo visto di atleti che hanno avuto prestazioni altissime nella loro carriera giovanile non confermarsi, poi, da atleti senior? Quanti altri hanno raggiunto l’eccellenza prestativa senza aver avuto un passato giovanile “glorioso”?  Il tutto viene spiegato dal fatto che il raggiungimento precoce di risultati non è un prerequisito necessario per eccellere da adulto (Bloom 1985).  Durante le Olimpiadi di Atene 2004, infatti, uno studio (Gullich, 2007) ha evidenziato che solamente il 44% degli atleti ha avuto un debutto in competizioni internazionali durante le categorie giovanili (16,8 ± 2,5 anni). In una ricerca sul ciclismo, addirittura, si è visto che solamente il 29,4% degli atleti élite ha partecipato, nel passato giovanile, ai campionati mondiali, mentre solo il 34% degli atleti internazionali junior ha avuto un futuro altrettanto prospero da senior (Schumacher et al, 2006). Il problema chiave pertanto non è l’identificazione del miglior performer in un certo momento, o il giovane col profilo fisico ideale, ma piuttosto l’identificazione temporale di quali fattori possano essere limitanti il TD. Purtroppo, l’adottare o meno questo criterio di selezione è, spesso, direttamente legato a motivi economici (tempo, finanze).

Trascurare la multidimensionalità del talento

Come abbiamo già accennato, spesso molte squadre professionistiche tendono a minimizzare l’importanza di una selezione del talento basata su più fattori. A tale proposito uno studio (Woods et al., 2016) su atleti under 18 del football australiano ha rivelato come non è possibile fare una discriminazione adeguata del talento senza far riferimento alla sua multidimensionalità. In particolare, sono stati presi in considerazione per lo studio 42 atleti U18, identificati come talenti per la stagione 2014 dell’Australian Football League, ed altri 42 non identificati come tali e facenti parte dei 337 giocatori esclusi. Dopo una serie di valutazioni tramite 4 test di tipo fisico (altezza soggetto, dinamic vertical jump, 20 m fitness test), tecnico (guida della palla, calcio) e percettivo-cognitivo (capacità di decision-making), si è visto che l’approccio multidimensionale è in grado di fornire una maggior discriminazione dei soggetti talentuosi e non. Lo studio ha dimostrato, infatti, che il 95% degli atleti selezionati avevano ragione di esserlo mentre, in altre ricerche precedenti (Woods et al. A-B-C, 2015), basate su un processo di identificazione di una sola delle precedenti caratteristiche (TI non multidimensionale), la precisione del processo di TI era dell’89%. Inoltre si è visto come il fattore che più di tutti influenzava il processo di TI e, dove gli atleti identificati come talenti superavano di gran lunga coloro non selezionati, era la capacità tecnica (guida della palla con mano debole e mano forte); ragion per cui bisognerebbe adottare dei processi di TI basati sulla multidimensionalità e non su singoli parametri, ciò al fine di evitare di non considerare atleti che invece hanno alte potenzialità.

Trascurare le caratteristiche psicologiche

La ricerca ha dimostrato che adottare dei comportamenti psicologici adeguati inerenti la motivazione, l’autostima, la concentrazione, l’impegno ecc. stabiliscono dei traguardi realistici e, inoltre, l’auto-rafforzamento è cruciale per permettere ai performers, che si stanno sviluppando, di far fronte ai periodi di instabilità che incontreranno durante il proprio iter sportivo. In effetti, gli atleti che adottano questi atteggiamenti possono raggiungere dei livelli di performance più efficienti e stabili e, di conseguenza, questi assicurano l’espressione del potenziale del soggetto in questione.  È sempre più avvalorata la tesi che un atleta di talento, sia esso giovane o senior, debba possedere, per essere tale, una forte personalità che faciliti l’apprendimento, l’allenamento e il superamento di ostacoli lungo la propria carriera per non cedere al dropout.  Anche altri fattori meno estrinseci possono giocare un ruolo importante nell’espressione delle massime capacità prestative nell’atleta, ad esempio quelli riguardanti il timore di infortunarsi che sembra essere più elevato nei soggetti in cui lo stato d’ansia è maggiore e ciò, conseguentemente, comporta una minore fiducia nelle proprie competenze motorie. Dunque, adottare una strategia di TID che metta in luce e faccia riferimento anche alla psicologia e alle caratteristiche della personalità diventa fondamentale. Se poi queste strategie sono integrate con tutte le altre variabili che possono condizionare la prestazione dell’individuo, si ha una maggior probabilità di successo nell’identificazione e nello sviluppo dell’atleta talentuoso.

Riassumendo, si sottolinea come il talento in qualsiasi area di performance sia multidimensionale e non lineare. Infatti numerosi sono i processi interattivi e compensatori che prendono posto all’interno di una molteplicità di variabili, che includono: fattori fisici, fisiologici, motori, sociologici, psicologici ed ambientali. Quindi, i tradizionali programmi TI che identificano il “talentuoso” attraverso su una gamma limitata di singoli fattori, potrebbero essere mancanti del potere sensitivo e di previsione e, quindi, eliminare prematuramente molti potenziali giovani talentuosi. Questi ultimi non dovrebbero essere identificati in base ad una sola componente, in quanto si può verificare che le debolezze in un settore (ad esempio l’altezza), possono essere compensate da un vantaggio in altri (impegno, motivazione, decision making ecc.). Allo stesso modo è necessario svolgere i processi di TI in un’età che non sia troppo prematura, ciò per poter rispettare i tempi di maturazione dei ragazzi, le loro rispettive capacità e le loro abilità motorie e, di conseguenza, dare la possibilità a tutti di esprimere il proprio “bagaglio” motorio senza discriminazioni.

Riguardo alla specializzazione sportiva, essendo disciplina-dipendente, è opportuno svolgere delle programmazioni a lungo termine rispettando i tempi di ogni disciplina in quanto, quelle ad alto contenuto tecnico-coordinativo presuppongono specializzazioni anticipate, differentemente, negli sport di squadra (calcio, basket, rugby), in cui la specializzazione sportiva avviene più tardivamente. È necessario, perciò, combinare i processi TI e TD cosicché l’enfasi possa essere posta sullo sviluppo di una gamma di variabili chiave che assicurano il successo. Tutto ciò dovrebbe consentire di non focalizzarsi sui risultati dati da poche variabili incerte e instabili.

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Articolo a cura del Dott. Andrea Rachini

Laureato in Scienze delle Attività Motorie e Sportive

Laureato Magistrale in Scienze e Tecniche delle Attività Sportive

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Dott. Fabio Perna

Chinesiologo Clinico (Specialista in Esercizio Fisico Adattato). Aree di interesse: Osteoporosi - Cardiopatie - Recupero Motorio Post-riabilitativo - Rieducazione Posturale - Malattie Metaboliche (Diabete Mellito, Sindrome Metabolica, Obesità) Consulenza: dott.fabioperna@gmail.com

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