Una dieta povera di lipidi induce effetti nocivi per la salute, alterando la crescita, la riproduzione, lo sviluppo del sistema nervoso, l’integrità della cute. Questi effetti ci permettono di comprendere come i lipidi non svolgano solo funzione energetica ma siano fondamentali nella regolazione e nella costituzione cellulare.
ACIDI GRASSI
Gli acidi grassi sono acidi carbossilici, cioè formati da una lunga catena idrocarburica (alifatica) responsabile della caratteristica di idrofobicità che li rende insolubili in acqua. Ad un’estremità è presente il gruppo carbossilico (OH e C=O), caratteristico degli acidi grassi in quanto è l’unico gruppo polare. Il gruppo carbossilico, permette di formare legame estere con diverse molecole, costituendo una forma più complessa di lipide. Può legarsi al:
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Glicerolo: così da formare i triacilgliceroli. Il glicerolo è un polialcol con 3 atomi di carbonio. Ad ogni Carbonio è presente un gruppo OH il quale andrà a formare un legame estere con il gruppo carbossilico di 1 acido grasso. I triacilgliceroli sono la forma di immagazzinamento degli acidi grassi.
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Acido fosfatidico: per formare i fosfolipidi. Esistono diverse classi di fosfolipidi che si distinguono per il diverso legame del fosfato con gruppi polari (Colina, Etanolamina, Inositolo, Serina). Il legame con questa porzione polare conferisce la caratteristica idrofila alla testa del fosfolipide, mentre le code sono formate dalla catena dell’acido grasso che risulta idrofoba. Di conseguenza i fosfolipidi sono definiti anfipatici.
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Colesterolo: costituendo così il colesterolo esterificato, avente una struttura completamente apolare. Il colesterolo si può trovare però sotto forma di colesterolo libero o appunto esterificato (COLESTERILESTERI). La prima tipologia è presente nelle membrane cellulari, mentre la seconda è presente nel citoplasma sotto forma di goccioline lipidiche, le quali rappresentano la forma di immagazzinamento e trasporto (assemblaggio lipoproteine per trasporto colesterolo ai vari tessuti). L’organismo riceve colesterolo attraverso 2 vie:
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colesterolo endogeno: è il colesterolo sintetizzato dall’organsimo (in particolare dal fegato), a partire dall’Acetil CoA che deriva da metabolismo glucidi;
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colesterolo esogeno: è il colesterolo assorbito dall’intestino derivante dalla dieta o dalla bile. Il colesterolo rappresenta lo 0,2% del peso corporeo, ed è distribuito prevalentemente nel cervello, tessuto connettivo, pelle, muscoli (75%) e per un 7,8% nel sangue (200mg/100ml), dove andrà ad essere distribuito ai vari tessuti attraverso le lipoproteine. Dalle quantità di colesterolo presenti nel sangue e da quello assorbito dall’intestino, si evince che il colesterolo proveniente dalla dieta influenza solo minimamente la colesterolemia. Inoltre esistono meccanismi omeostatici che consentono di mantenere costanti i livelli colesterolo, per cui un aumento colesterolo assorbito a livello intestinale riduce la sintesi endogena e viceversa, quindi alterati valori della colesterolemia sono in generale dovuti ad alterazioni metabolismo lipoproteico e non ad un’elevata introduzione del colesterolo con la dieta.
Esistono più di 500 tipi di acidi grassi. Tale eterogeneità permette di costituire diverse tipologie di lipidi, interagire con diversi recettori, essere precursori di molecole ad alta attività biologica. Ciò che caratterizza gli acidi grassi è il numero di atomi di carbonio e il numero dei doppi legami. La lunga catena può essere costituita da 4 a 36 atomi di C (quelli che hanno 14-20 C sono i più frequenti in natura) e in base alla loro lunghezza distinguiamo:
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Acidi grassi a catena corta: tutti quegli acidi grassi che presentano una catena inferiore a quella dell’acido palmitico (16 C) ed hanno la caratteristica di avere maggiore libertà di movimento, proprio perché sono molecole più piccole. Hanno un livello di idrofobicità minore rispetto a acidi grassi a catena lunga, che gli consente di attraversare membrane senza l’intervento di un apposito trasportatore, circolare nel plasma sanguigno senza essere legati a specifiche proteine trasportatrici.
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Acidi grassi a catena lunga: tutti quegli acidi grassi che presentano una catena maggiore a quella dell’acido palmitico. Sono più idrofobici rispetto a quelli a catena corta, determinando maggiori difficoltà nell’attraversamento delle membrane biologiche, difficoltà anche nel trasporto nel flusso sanguigno. Hanno quindi bisogno di strutture predispose per il loro metabolismo (cioè un determinato trasportatore).
ACIDI GRASSI SATURI E INSATURI
Gli acidi grassi, a seconda che presentino un doppio legame tra gli atomi di Carbonio, possono essere classificati in:
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Saturi (SFA): privi di doppi legami tra atomi di Carbonio e presentano una catena non ramificata. Gli acidi grassi che presentano una catena non ramificata sono i più presenti in natura con un numero di atomi di Carbonio da 12 a 24. La caratteristica sarà quella di avere una certa linearità e di conseguenza le catene di acidi grassi saranno disposte l’una affianco all’altra, stabilizzate dalla presenza di legami intermolecolari (forze di Van der Walls). Questo tipo di configurazione determina la proprietà degli acidi grassi saturi (grassi animali) di essere, a temperatura ambiente, allo stato solido (vedi burro). Gli acidi grassi saturi introdotti con la dieta non devono superare il 10% dell’energia totale. È stata dimostrata correlazione tra SFA e patologie cardiovascolari. Un eccesso di SFA e un basso apporto PUFA (acidi grassi insaturi) con la dieta, possono determinare un aumento di LDL. Tuttavia non tutti gli SFA manifestano lo stesso effetto sulle lipoproteine:
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Acidi grassi con 12-16C: aumentano le lipoproteine, acidi grassi con meno di 10 C e acido stearico, non influenzano.
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Insaturi (PUFA): caratterizzati per la presenza di doppi legami tra atomi di Carbonio. Può essere presente un solo doppio legame: monoinsaturo. Se poi i doppi legami sono più di uno si definiscono polinsaturi, molto importanti per il corretto funzionamento del metabolismo e per tale motivo vengono definiti acidi grassi essenziali. Alcune tipologie di acidi grassi insaturi possono essere costituiti dall’uomo, ma non è capace di poter inserire doppi legami in posizione Δ12 (acidi grassi polinsaturi ω6) e Δ15 (acidi grassi polinsaturi ω3), i quali risultano essenziali e devono perciò essere introdotti attraverso l’alimentazione.
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Acidi grassi monoinsaturi (MUFA): il principale componente di questa famiglia è l’acido oleico, presente per il 70-80% nell’olio oliva. Esso non è un acido grasso essenziale in quanto può provenire sia da fonti alimentari, sia dalla sintesi endogena a partire dall’acido stearico. Diversi studi hanno mostrato come l’acido oleico sia in grado di abbassare il colesterolo plasmatico (in modo marginale), senza interferire con le HDL. Ha una funzione preventiva rispetto ai TFA e SFA, nei confronti delle malattie cardiovascolari. Tale effetto sembrerebbe dovuto al fatto che l’acido oleico è il precursore di un acido grasso a 20C presente nelle membrane cellulari, MEAD ACID, il quale potrebbe andare ad antagonizzare la conversione dell’acido arachidonico in PGE–LEUCO, riducendo effetto infiammatorio.
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Acidi grassi polinsaturi (ω6): il più rappresentativo di questa famiglia è l’acido linoleico, un acido grasso essenziale comunemente presente negli oli vegetali (mais, soia, girasole). Nell’organismo è il precursore dei PUFA (PolyUnsaturated Fatty Acids) a lunga catena, come l’acido arachidonico. La sostituzione nella dieta di acido linoleico agli acidi saturi, determina un effetto ipo-colesterolemizzante, riducendo la concentrazione di LDL, HDL (l’assunzione di acido arachidonico non sembra influenzare concentrazione di lipoproteine). Alcuni studi hanno dimostrato l’influenza dell’acido linoleico sullo sviluppo di tumori. In particolar modo è stata osservata la diretta correlazione tra l’acido linoleico e PGE2 e tumore alla mammella. Le PGE2 sono coinvolte nei processi infiammatori/proliferazione cellulare che caratterizzano l’aterogenesi (eventi iniziali sviluppo aterosclerosi) e cancerogenesi. Un eccesso nella dieta di PUFA ω6, può determinare un eccesso nell’incorporazione di acido arachidonico nei fosfolipidi, aumentando la probabilità di formare prostaglandine e leucotrieni coinvolti nella risposta infiammatoria e proliferazione cellulare dell’aterogenesi e cancerogenesi. Tra i PUFA ω6 si differenzia l’acido EICOSATRIENOICO (ETA) il quale è precursore delle PGE1 con attività antiproliferativa e antinfiammatoria. Una dieta ricca di acido gamma linoleico, precursore dell ETA, determina un aumento di quest’ultimo a livello cute, svolgendo un’azione protettiva contro diverse patologie della pelle (esempio dermatiti).
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Acidi grassi polinsaturi (ω3): presentano proprietà anti-aterogene, anti-trombotiche, antinfiammatorie. È stato dimostrato che una dieta caratterizzata di PUFA ω3 aiuta a diminuire le LDL, i livelli triacilglieceroli circolanti, abbassando il rischio di patologie cardiovascolari.
I PUFA ω3 più studiati sono:
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Acido alfa linolenico (ALA): acido grasso di origine vegetale, si trova in semi lino (50%), olio soia (8%), altri oli meno conosciuti, pesce grasso;
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Acido eicosapentaenoico (EPA): nei prodotti ittici;
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Acido docosaesaenoico (DHA): nei prodotti ittici.
Nel mondo occidentale c’è una minore assunzione acidi grassi ω3 rispetto agli ω6. Il possibile motivo per cui i PUFA ω3 hanno proprietà opposte rispetto ω6, potrebbe essere dovuto al fatto che l’EPA sembra competere con l’acido arachidonico nell’incoporazione nei fosfolipidi delle membrane piastriniche, fungendo da substrato per la ciclossigenasi e lipossigenati al posto dell’acido arachidonico. Inoltre sembrano avere anche effetti anticancerogeni, spiegabile in parte dall’interazione ω3 – ω6 somministrati con un corretto bilancio. Si consiglia infatti un rapporto ω6/ω3 intorno a 5:1 per permettere agli ω di poter svolgere un’azione di riduzione incidenza malattie cardiovascolari. Attualmente nel mondo occidentale, il rapporto è di 12:1, quindi molto lontano da quello consigliato. Per riequilibrare il rapporto non è solo importante aumentare l’assunzione degli ω3 ma anche diminuire gli ω6. Altra importante funzione attribuita riguarda l’influenza dello sviluppo delle capacità cognitive (apprendimento, memoria, riflessi) o l’attività visiva. La loro carenza provoca modifiche ai livelli tissutali di alcuni neurotrasmettitori (serotonina,adrenalina,noradrenalina,dopamina,ach) in specifiche regioni cerebrali.
ACIDI GRASSI SATURI TRANS
In base alla posizione degli atomi di idrogeno associati ai carboni impegnati nel doppio legame, un acido grasso può esistere in natura sotto due forme, una cis e una trans. In natura prevalgono nettamente gli acidi grassi cis rispetto ai trans, che si formano soprattutto in seguito a determinati trattamenti artificiali di rettificazione industriale , a partire da acidi grassi insaturi di origine soprattutto vegetale. Oltre che essere prodotti artificiali, i TFA sono presenti anche in natura. Infatti li possiamo trovare nei prodotti latteo-caseari poiché si formano nello stomaco dei ruminanti a causa dell’azione di determinati batteri. Circa il 5% del grasso della carne presenta TFA. La quota di TFA che assumiamo da prodotti di carne è però minima rispetto invece alla quota introdotta da TFA derivanti da prodotti vegetali. I più abbondanti TFA presenti negli alimenti (in generale) sono acidi grassi a 18C con un singolo doppio legame, che derivano dall’idrogenazione dell’acido linoleico. Nei prodotti vegetali il TFA più rappresentativo è l’acido elaidico, mentre nei prodotti animali è l’acido vaccenico. Diversi studi mostrano la correlazione positiva tra alcuni TFA e patologie cardiovascolari. I TFA infatti inducono cambiamenti della concentrazione ematica di colesterolo (aumentano le LDL), come avviene per i SFA ma con la differenza che si abbassano anche le HDL. Sembrerebbe quindi che i TFA risultano più aterogenici dei SFA. In particolar modo, diverse ricerche suggeriscono una correlazione positiva tra malattie cardiovascolari e TFA vegetali, piuttosto che con TFA animali. Ciò sembrerebbe dovuto ad un diverso metabolismo degli acidi grassi di origine animale, i quali si incorporano in minore concentrazione nel tessuto adiposo rispetto ai TFA dei prodotti vegetali. Il TFA di origine animale (acido vaccenico), sembrerebbe avere finalità benefiche e per questo andrebbe differenziato dai TFA in generale. Egli infatti è precursore dell’acido linoleico coniugato (CLA) il quale sembrerebbe avere benefici anti-cancerogeni, anti-aterogeni, anti-diabetici.
LIPIDI NEGLI ALIMENTI
I lipidi sono presenti in quasi tutti gli alimenti in quantità e qualità variabile. Quelli di origine animale presentano una maggiore varietà, in quanto gli acidi grassi introdotti dalla dieta nell’animale sono ulteriormente metabolizzati. Di conseguenza la composizione lipidica dei prodotti di origine animale, dipende in maniera determinante dall’alimentazione dell’animale stesso. Il fabbisogno quantitativo e qualitativo di lipidi per l’uomo è frutto di un’interazione dinamica tra gli alimenti di diversa origine e le necessità metaboliche dell’uomo. La facile reperibilità di acidi grassi ha portato il nostro organismo a non avere la necessità di produrli autonomamente. Di conseguenza alcuni acidi grassi devono necessariamente essere introdotti con la dieta, come ad esempio l’acido linoleico o l’acido alfa-linoleico. In quelle condizioni in cui il metabolismo degli acidi grassi polinsaturi a lunga catena non è sufficiente (gravidanza, stati patologici, primi anni vita) risulta necessario introdurre con la dieta anche quegli acidi grassi polinsaturi che solitamente vengono ad essere sintetizzati dall’organismo (ad esempio l’acido arachidonico).
QUANTI E QUALI LIPIDI INTRODURRE CON LA DIETA?
In generale, da un punto di vista quantitativo l’introduzione di lipidi non deve superare il 30% delle Kcal totali. Da un punto di vista qualitativo, diviene importante individuare le esigenze fisiologiche contingenti e verificare se esistono fabbisogni particolari per cui è necessario ad esempio un maggior fabbisogno di acidi grassi ω3. Viste le qualità degli acidi grassi insaturi, sarà importante adottare una dieta in cui essi siano prevalenti rispetto agli acidi grassi saturi, il cui quantitativo consigliato non deve superare il 10% delle kcal totali. Questa quantità permette da una parte di avere un apporto sufficiente di questi acidi grassi e dall’altra di non influire negativamente sul metabolismo lipoproteico. Gli acidi grassi trans, a parte di quelli origine lattiero-casearia, dovrebbero essere evitati in quanto non forniscono alcun vantaggio metabolico ma al contrario possono contribuire all’insorgenza di dislipidemie.